Una come me, amante della lettura e della Spagna (in particolare, di Barcellona e del suo fascino magnetico), poteva forse lasciarsi sfuggire l’ultimo romanzo del ciclo del “Cimitero dei Libri Dimenticati” del bravissimo Carlos Ruiz Zafón? Ovviamente no! E, allora, eccomi a parlarvi de “Il Labirinto degli Spiriti“… Pronti?
Se conoscete un po’ la storia narrata nei primi tre romanzi del ciclo, vi starete chiedendo, magari, perché ne parli su un sito dedicato principalmente al tema della disabilità. La risposta è semplice: Alicia Gris, la co-protagonista (insieme alla famiglia Sempere e agli altri personaggi già visti negli altri romanzi) de “Il Labirinto degli Spiriti”, ha, per l’appunto, una disabilità, che le deriva da una ferita alla gamba che si è procurata da bambina, mentre Barcellona era sottoposta ai bombardamenti, e che le provoca dolori lancinanti e la costringe ad indossare una specie di tutore. Ci sarebbero tutti gli elementi per farne un personaggio quasi patetico, ancor più nella Spagna franchista, a cavallo tra gli anni Cinquanta e Sessanta del secolo scorso. Invece, Alicia è tutt’altro che una “fragile donnetta”.
Personaggio segnato dalle avversità della vita, che l’hanno costretta ad entrare fin da giovanissima in stretto contatto con le manifestazioni più “nere” dell’animo umano (lavorando agli ordini del controverso Leandro Montalvo), Alicia è una “dark lady” ante litteram, che affronta il mondo indossando una maschera di freddezza ed invulnerabilità, convinta com’è di non poter meritare l’amore di nessuno (perché, in fondo, è lei per prima a non riuscire ad amarsi) e che, quando incontra persone alle quali si sente, suo malgrado, legata, la cosa migliore che possa fare per loro sia allontanarsene, per non esporle al baratro col quale lei ha, giocoforza, imparato a convivere. Nonostante ciò, Alicia è anche una donna che non rinuncia a sentirsi tale e ad esserlo fino in fondo anche nel presentarsi agli altri, sempre vestita con abiti ed accessori costosi e ricercati, truccata e pettinata di tutto punto….e armata di pistola, ovviamente, oltre che del proprio istinto che non sbaglia un colpo e che l’aiuta a cavarsi fuori anche dalle situazioni più intricate.
Ne “Il Labirinto degli Spiriti” non manca il racconto (delicato quanto realistico) della fragilità, anche fisica, di Alicia, del dolore fisico con il quale convive cercando di non cedere alla facile tentazione di metterlo a tacere imbottendosi di farmaci. Ma quello è solo un aspetto del personaggio, del quale si sottolineano prevalentemente la forza d’animo, la scaltrezza, le capacità seduttive e l’avvenenza. Non capita tutti i giorni di sentir parlare in questi termini di una persona con disabilità, vero?