“Speechless”: si può ridere della disabilità?

Nei giorni scorsi, ho avuto modo di vedere le prime due puntate di “Speechless“, serie tv andata in onda nei mesi scorsi negli USA e ora approdata in Italia (la trasmette Fox sulla piattaforma Sky ogni venerdì sera). Si tratta di una comedy, ma con un particolare non da poco: per la prima volta in questo genere televisivo, il protagonista principale è un ragazzo con disabilità (per chi, come me, è cresciuto negli anni ’80-’90, c’era stato il precedente di “Una famiglia come tante“, che vedeva tra i membri della famiglia Corky, un ragazzo con sindrome di Down, ma il genere era decisamente diverso). Il protagonista, infatti, è JJ DiMeo, un adolescente affetto da una paralisi cerebrale, che lo costringe su sedia a rotelle e gl’impedisce di parlare (da qui il titolo della serie, che, letteralmente, vuol dire “senza parole”) se non con l’aiuto di un dispositivo dotato di tastiera e puntatore laser per scegliere numeri e lettere e, quindi, comunicare con gli altri.

"Speechless"

Ci sarebbero tutti i presupposti per una storia triste e strappalacrime. Ma “Speechless” è tutt’altro: si ride spesso, e anche di gusto. La “diversità” di JJ e le difficoltà quotidiane (memorabile la lotta della super-combattiva madre, Maya, per garantire al figlio l’accesso a scuola dall’ingresso principale e non da quello riservato all’immondizia, nella prima puntata della serie) non vengono nascoste, né sottovalutate. Ma, in primo luogo, dalla serie emerge il racconto della “normalità” di JJ e della sua famiglia. Sì, JJ è malato, ha difficoltà evidenti e, per fare cose che tutti riteniamo scontate, ha bisogno dell’aiuto dei familiari e dell’improbabile (ma spassosissimo) assistente-custode scolastico Kenneth. Ma questo non lo rende inferiore agli altri, grazie al suo humour pungente e alla brillante intelligenza.

Ma la cosa che più mi è piaciuta di “Speechless” è che, contrariamente a quanto si tende a fare spesso in tv o al cinema raccontando la disabilità, qui non s’indulge all’esaltazione della “superiorità” del diverso. Intendiamoci: all’arrivo nella nuova scuola, docenti e compagni provano ad accogliere JJ all’insegna del più classico politically correct, tributandogli un’ovazione immotivata (che lascia il ragazzo alquanto perplesso). Ma, appunto, la reazione sua e dei suoi familiari (personaggi alquanto “pittoreschi”, ma a cui ci si affeziona facilmente) spiazza tutti, facendo capire che, forse, è il caso di cambiare atteggiamento.

Il cast di "Speechless"

Il cast di “Speechless”

Guardando “Speechless, si finisce per non fare quasi caso alla sedia a rotelle e al dispositivo di JJ, presi come si è dalle battute fulminanti che si scambiano i vari personaggi e, tutto sommato, dalla “normalità” che ne emerge. In definitiva, come comprende subito Kenneth, JJ è un adolescente come tutti gli altri, in tutto e per tutto. La sua disabilità è solo una condizione come un’altra, non uno stigma.

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