Oggi vi parlerò di un film australiano del 1998, che mi ha fatto conoscere Lorella Ronconi, durante la nostra chiacchierata di qualche tempo fa. “Balla la mia canzone” (titolo originale “Dance me to my song“) è stato realizzato da Rolf de Heer, un regista abituato, attraverso le sue pellicole, a dare voce a chi non ne ha. Il film racconta una storia di fantasia, ma con molti punti di contatto con la vita reale di Heather Rose, disabile gravissima lei stessa, morta nel 2002 a soli 36 anni, che ha scritto la sceneggiatura e interpretato la protagonista, Julia, affetta da paralisi cerebrale che utilizza un sintetizzatore vocale per comunicare col mondo, la quale, nell’ambito di un progetto che promuove l’autonomia delle persone disabili, esce dall’istituto in cui era ricoverata e va a vivere in un appartamento tutto per sé, con l’aiuto di un’assistente, Madelaine, che la mortifica e le usa violenze di ogni tipo, psicologiche e non solo.Ma la vita di Julia non è fatta di sole ombre. A fare da contraltare a Madelaine, c’è Rix, anche lei assistente di professione, che, a dispetto di un aspetto esteriore che ispira ben poca affidabilità, riesce a sintonizzarsi perfettamente sulle frequenze anche emotive di Julia e, soprattutto, a trattarla con rispetto e, in definitiva, da persona, più che da “paziente”. Ma, soprattutto, c’è Eddie, il vicino di casa di Julia, che, gradualmente, instaura con lei un rapporto che va ben oltre la semplice amicizia, suscitando il risentimento e la crudele vendetta di Madelaine.
“Balla la mia canzone” è un film duro, con immagini forti, che lasciano poco o nulla all’immaginazione. Ma ha anche il merito, non da poco, di mostrare in tutta evidenza come, al di là dell’handicap specifico, le persone con disabilità (anche gravi) restano, in tutto e per tutto, persone come le altre, con gli stessi istinti e desideri. E -sorpresa?- possono anche risultare affascinanti e perfino sessualmente desiderabili agli occhi di persone normali: la scena di Julia e Eddie che fanno l’amore è erotica tanto quanto lo sarebbe se, al posto di un’attrice disabile, ve ne fosse una corrispondente ai canoni classici di bellezza e normalità. Solo la visione miope e condizionata da stereotipi di Madelaine le impedisce di capire che non c’è niente di “malato” in quello che ha visto, sorprendendo i due.
Un film da vedere, “Balla la mia canzone”, anche per riflettere su un altro tema fondamentale: il diritto delle persone disabili all’autonomia, ad essere non solo “oggetto di cura” ed assistenza materiale, ma anche, e innanzitutto, padrone della propria vita, in ogni aspetto.