Sanremo 2021 e il racconto delle disabilità

Premetto che non sono una grande fan del Festival di Sanremo, né dei varietà in generale. Tuttavia, oggi ne parlo perché nell’edizione di quest’anno si è parlato anche di disabilità, in una delle serate, con ben due interventi “a tema”: il monologo dell’attrice Antonella Ferrari e il siparietto fra Zlatan Ibrahimovic e Donato Grande, bomber della nazionale italiana di power-chair football. Due momenti diversi tra loro, sia per il “format” che per lo stile: da un lato, il monologo di Antonella Ferrari, incentrato sulla sua malattia (la sclerosi multipla) e sul racconto del percorso che l’ha portata ad avere, dopo anni, la diagnosi definitiva; dall’altro, il “duetto” fra il campione del Milan e il suo collega “seduto”, con qualche scambio di palla a favore di telecamere. Ma, in entrambi i casi, guardando i video, ho trovato delle “stonature”, più o meno pronunciate”. Analizziamoli singolarmente, per capire meglio.

Antonella Ferrari a Sanremo 2021

Antonella Ferrari si è presentata sul palco di Sanremo in un elegantissimo abito rosso, presentando un breve monologo, molto coinvolgente, nel quale ha raccontato il percorso verso la diagnosi e la sua conseguente felicità, perché, quando finalmente l’ha avuta, non ha più dovuto “nascondersi” (per la vergogna? Per paura del giudizio altrui?), per poi toccare il culmine nel finale:  “La malattia non dev’essere la protagonista. Io non sono la sclerosi multipla: io sono un’attrice, sono Antonella Ferrari”. Verissimo e giustissimo, ma allora perché incentrare il monologo esclusivamente su quel tema? Per sensibilizzare, certo. Ma siamo sicuri che il messaggio arrivato agli spettatori sia stato, effettivamente, quello? A giudicare dai commenti che ho letto sui social il giorno dopo, non credo: ne lodavano tutti il coraggio, l'”esempio” e tutto il campionario della solita, trita e ritrita, retorica che circonda chi vive con una disabilità.

Donato Grande a Sanremo 2021

Ma questo è ancora “niente” in confronto a quanto si è visto quando sul palco è salito Donato Grassi, con Amadeus e Zlatan Ibrahimovic: lui in abbigliamento casual (e maglia da calcio d’ordinanza), in mezzo agli altri due elegantissimi (come l’occasione avrebbe richiesto); una situazione che, nel complesso, ricordava più l’interazione fra due adulti e un bambino (manco a dirlo, quello con disabilità…) che fra tre uomini maggiorenni e l’impressione complessiva che il tutto, più che un omaggio a Donato e alle sue doti sportive, fosse un modo per mettere in risalto il ben più celebre collega. Per non parlare di Amadeus che, partito, tutto sommato, bene, è scivolato in vari punti: dal riferimenti ai diritti di chi “soffre di disabilità” (la disabilità è una condizione, non una malattia…), ai “portatori di handicap“, alla ramanzina paternalista a quelli che, utilizzando i parcheggi riservati, creano problemi a chi ne avrebbe diritto (le sue parole sono state “leggermente” diverse…). Insomma, anche qui, la solita retorica…

Possibile che, nel 2021, non si riesca ancora a mostrare e raccontare le disabilità in un modo che sfugga al dualismo fra “supereroi” e “poveri cristi”? Eppure, sarebbe così semplice… Basterebbe ricordarsi che essere diversi è del tutto normale, non c’è bisogno di usare linguaggi e atteggiamenti infantili: basta il rispetto per le persone, insomma.

Ce la faremo? Spero di sì, nonostante tutto. “Perché Sanremo è Sanremo“…

Davvero “andrà tutto bene”? I “dimenticati” del lockdown

In questi circa tre mesi di “lockdown” (o blocco che dir si voglia) ho preferito restare in silenzio, almeno su Move@bility. Mi dicevo: “Che senso avrebbe parlare di libertà di movimento, in un momento in cui è richiesto a tutti di rinunciare, per l’appunto, alla libertà di movimento a causa di una pandemia?“. Questo periodo è stato complesso e pesante, sia fisicamente che psicologicamente, per mille motivi, anche per me come, in modi e per ragioni diverse, per ciascuno di noi. E proprio per questo temevo che spazi (questo sito, ma anche le sue estensioni social) che avevo pensato come luoghi di confronto, riflessione e mobilitazione “positiva” per creare insieme un mondo senza barriere potessero trasformarsi, in qualche modo, in altri “sfogatoi”, come se ne vedono, a mio avviso, fin troppi, online e non solo. Però, adesso che in Italia siamo ufficialmente entrati nella Fase-2, forse si può anche ricominciare a parlare di temi che, in questi mesi, sono rimasti decisamente sottotraccia.

Lockdown - silenzio

Per esempio, chi ha decretato il lockdown ha pensato a garantire, a volte con qualche problema iniziale, l’approvvigionamento di cibo e farmaci a domicilio per persone anziane o con disabilità impossibilitate ad uscire di casa o che si sono ritrovate senza il supporto di familiari e amici non conviventi. Ma non è stato fatto altrettanto per le terapie extra-farmacologiche: fisioterapia, terapia occupazionale e altri trattamenti specifici non sempre fruibili a domicilio o che, comunque, richiedono la presenza attiva di altre persone (i fisioterapisti, per fare un esempio)- Per molti (me compresa), queste terapie sono dei veri e propri “salvavita“. Eppure, la risposta era sempre la stessa: non si può, tocca aspettare.

Lockdown - Didattica a distanza

Stessa sorte (per certi versi, anche più gravida di conseguenze a medio-lungo termine) per gli studenti con gravi disabilità, che, con la scuola trasformata in didattica a distanza, sono spesso stati privati, di fatto, di un diritto costituzionale fondamentale. Senza contare che, per molti di loro, la scuola non era solo un’opportunità di apprendimento, ma anche di socializzazione con i coetanei. Ne avete sentito parlare nei decreti, nei telegiornali, nelle lunghe ore di approfondimento (o supposto tale) sul tema del momento, ne avete letto sui quotidiani o sui siti non “di settore”? Io, praticamente mai.

Lockdown - Distanziamento sociale

Per contro, una cosa della quale si è parlato per tutta la durata del lockdown e si parla tuttora fin troppo è il famigerato “distanziamento sociale“. A me, che con le parole lavoro da sempre, quest’espressione ha fatto venire la pelle d’oca fin dalla prima volta in cui l’ho sentita. Ok, per ridurre al minimo le possibilità di diffusione di un virus particolarmente aggressivo e ancora per molti versi sconosciuto, è raccomandabile mantenere una certa distanza fisica. Ma  il concetto di “distanziamento sociale” va oltre la mera distanza fisica, associando ad essa l’idea che ci si debba tenere lontani anche emotivamente dalle altre persone.

Personalmente, ritengo questa visione delle cose molto pericolosa, in generale per tutti, ma in particolare per chi già prima della pandemia e del lockdown si sentiva (e, spesso, era di fatto) “socialmente distante” dagli altri, a causa di barriere architettoniche e culturali. Credo che, invece, ora più che mai serva essere “socialmente vicini“, anche se (temporaneamente) fisicamente distanti. Mi auguro che la “nuova normalità” che, spero, costruiremo insieme non dimentichi di essere attenta anche a coinvolgere fin da subito, e da protagoniste attive,  anche le persone con disabilità. Ma dipende anche da noi e dalla nostra disponibilità a non farci dimenticare e ad impegnarci in prima persona, mettendoci la faccia e l’impegno attivo, ciascuno secondo le proprie possibilità e capacità.

Solo così potremo dire davvero che “andrà tutto bene“. Buona ripartenza!

V.I.S.O.: un progetto di condivisione e inclusione

Uno dei motivi per cui ho creato Move@bility è far conoscere quanto già esiste e “funziona”, quando parliamo di accessibilità e inclusione. Questo è, per l’appunto, il caso del progetto V.I.S.O. (acronimo che sta per Viaggiamo Insieme Superiamo Ostacoli), nato a Padova nel 2018 da un’idea del Centro Studi l’Uomo e l’Ambiente e finanziato dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo. L’obiettivo principale del progetto è favorire l’inclusione sociale delle persone con disabilità fisica o cognitiva, attraverso il viaggio e la condivisione di esperienze culturali e ricreative, al momento in giro per Padova, ma con l’ambizione di estendersi, gradualmente, in tutta Italia.

V.I.S.O. - Foto di gruppo durante un'uscita

Foto di gruppo durante un’uscita

cosa fa, in concreto, v.i.s.o.?

I responsabili del progetto V.I.S.O. organizzano e propongono uscite, escursioni e esperienze per conoscere nuovi luoghi e persone, fare sport e divertirsi in compagnia in modo accessibile a tutti e tutte. Preparano schede-guida pratiche e realizzano percorsi personalizzati, tarati sulle esigenze specifiche dei partecipanti, per la visita di musei, monumenti, palazzi, chiese, parchi, piazze e conoscere arte, storia, vita sociale e costumi. Sia sulle guide che nei percorsi,  vengono segnalate le barriere architettoniche (per esempio, la presenza e l’altezza di eventuali gradini, per agevolare la scelta di chi si muove in sedia a rotelle o con altri ausili) ed eventuali altre particolarità, per esempio rumori intensi o ambienti ad alta probabilità di affollamento, in modo tale da consentire alle persone particolarmente sensibili a queste situazioni (per esempio, soggetti con disabilità sensoriali o con disturbi dello spettro autistico) di evitare sorprese spiacevoli una volta sul luogo o, eventualmente, scegliere percorsi alternativi.

Tutte le uscite organizzate vengono segnalate con largo anticipo sia sul sito del progetto V.I.S.O. che sui suoi canali social. Tra le attività proposte rientrano anche occasioni per dedicarsi ad attività sportive e ricreative, ma soprattutto per socializzare. Aspetto, questo, particolarmente importante per chi, in virtù della propria condizione o della situazione nella quale vive, è ad alto rischio di isolamento.

V.I.S.O. - Sport

Un momento di condivisione incentrato sullo sport

Vi piace l’idea del progetto V.I.S.O.? Potete sostenerlo anche economicamente, attraverso una donazione su Rete Del Dono. Volete maggiori informazioni sul progetto o su come partecipare alle prossime uscite organizzate? Potete contattare i responsabili del progetto attraverso i canali indicati sul sito. Nelle vostre città ci sono iniziative simili? Se sì, segnalatemele via mail e sarò felice di condividerli e farli conoscere su Move@bility: in fondo, è proprio così che sono venuta a conoscenza del progetto V.I.S.O.! 🙂

 

“Ciak si aggira”:evitare le barriere architettoniche è un gioco

Tutti noi sappiamo quanto numerose siano le barriere architettoniche che, quotidianamente, si trova a dover affrontare chi ha una disabilità, ma anche chi va in giro per le nostre città con bambini piccoli o bagagli ingombranti. Molte di queste barriere sono frutto di noncuranza o sbadataggine (per esempio, le auto parcheggiate davanti agli scivoli che consentono l’accesso a chi si muove con una sedia a rotelle). Come sensibilizzare la collettività a “mettersi nei panni degli altri” e, di riflesso, le amministrazioni (locali e nazionali) a progettare spazi realmente “accessibili”? Un modo può essere, per esempio, partire dai bambini, abituandoli a questo atteggiamento mentale attraverso il gioco. Da questo spunto è nata l’idea di “Ciak si aggira“, un gioco da tavolo rivolto ai bambini dai 6 anni in su ideato da Ermio De Luca, ingegnere che convive con una disabilità e quindi conosce direttamente il problema.

Ciak si aggira

la storia

Protagonisti di “Ciak si aggira” sono sei bambini: Fabio, Giorgio, Mauro, Adele, Fanny e Marta, più la “guest star” Isotta, la sedia a rotelle che Fabio utilizza. I sei amici vivono insieme mille avventure e amano andare in giro per la città, a scoprire posti nuovi: ma riusciranno a farlo senza che le barriere architettoniche rovinino loro la festa?

Ciak si aggira - I sei amici e Isotta

come si gioca a “ciak si aggira”?

Il principio alla base di “Ciak si aggira” è quello del celeberrimo gioco dell’oca:  i giocatori, attraverso delle pedine, debbono spostarsi lungo il percorso tracciato sul tabellone, riconoscendo e, per l’appunto, aggirando le barriere architettoniche che incontrano, imparando a conoscere anche gli effetti che tali ostacoli hanno sulla mobilità di chi utilizza sedie a rotelle o ausili per camminare.

Il gioco è edito da La Macina Onlus, costa € 19,50 e si può richiedere inviando una mail a emailtowork@libero.it. Se state cercando un’idea-regalo divertente, ma anche utile ed intelligente per i vostri bambini, approfittatene!

Stazioni ferroviarie più accessibili: l’impegno di RFI

Chiunque conviva quotidianamente con una disabilità di qualsiasi tipo e si trovi, per lavoro, studio o divertimento, a dover prendere il treno, sa quanto quest’esperienza possa rivelarsi ardua, nonostante la disponibilità di servizi di assistenza sia ormai garantita nella stragrande maggioranza delle stazioni ferroviarie italiane.

Stazioni - Milano Centrale

La Stazione Centrale di Milano

In occasione della  XV edizione della Giornata nazionale per l’abbattimento delle barriere architettoniche, svoltasi l’1 ottobre scorso, RFI (Rete Ferroviaria Italiana), in collaborazione con FIABA, onlus che lotta da anni per l’abbattimento delle barriere architettoniche, ha annunciato ufficialmente il proprio piano per migliorare l’accessibilità e la fruibilità delle proprie stazioni per tutti i passeggeri.

Tra gli interventi programmati:

  • l’innalzamento dei marciapiedi (55 cm dal piano dei binari) per facilitare l’entrata e l’uscita dai treni;
  • la riqualificazione dei sottopassaggi pedonali e la realizzazione di nuove rampe di accesso ai binari;
  • l’attivazione di ascensori;
  • l’installazione di percorsi e mappe tattili per non vedenti;
  • la realizzazione di nuove pensiline e la riqualificazione di quelle esistenti.
stazioni - Milano Centrale

La galleria della Stazione Centrale di Milano

Inoltre, saranno migliorati i sistemi di informazione al pubblico, sia audio che video, installando nuovi monitor e impianti di diffusione sonora e migliorando la segnaletica di stazione e l’illuminazione. Si prevedono interventi anche nelle aree di accesso alle stazioni, con la creazione di parcheggi auto, stalli per la sosta dei veicoli a due ruote e appositi sistemi per facilitare salita e discesa dei viaggiatori, senza bici in spalla. Non mancherà un maggiore ricorso alle tecnologie digitali, per migliorare la “user experience” di tutti i passeggeri, velocizzando l’accesso ai binari e la validazione del biglietto elettronico e rendendo più facile il reperimento d’informazioni in tempo reale sulla circolazione dei treni e non solo.

Le opere di rinnovamento e abbattimento delle barriere architettoniche riguarderanno, nel 2017, 50 stazioni ferroviarie distribuite su tutto il territorio nazionale e altrettante nel 2018. Basteranno a rendere, finalmente, più agevoli gli spostamenti in treno di tutti i passeggeri? Lo speriamo!

Qual è la vostra esperienza  in treno e nelle stazioni? Raccontatela nei commenti!

Barbara Garlaschelli: “La sensualità nasce dalla testa!”

Barbara Garlaschelli

Foto di ©Giampaolo Poli

Nei giorni scorsi, vi ho parlato di “Non volevo morire vergine“, l’ultimo libro della scrittrice  di origine milanese Barbara Garlaschelli. Sull’onda delle emozioni che mi ha suscitato il libro, l’ho contattata e lei è stata da subito disponibile a fare una chiacchierata a distanza con me per Move@bility. Eccovela!

  • Per prima cosa, vorrei ringraziarti per aver scritto “Non volevo morire vergine”: un libro che tocca veramente le corde dell’anima, e non solo quelle. Come mai hai deciso di mettere nero su bianco in un libro una parte così intima della tua vita? Perché volevo parlare del tema tabù sesso/disabilità e, per farlo, ho scelto la forma autobiografica per non generalizzare e poter rispondere di persona di ciò che ho scritto. Scrivere è anche un’assunzione di responsabilità e, in un tema così delicato, non si può generalizzare: i disabili non sono una categoria, ma persone, ciascuna con la propria storia.​
  • Qual è stata la parte più difficile da raccontare? Sicuramente la morte di mio padre.

"Non volevo morire vergine"

  • Leggendo i tuoi libri, ascoltando le tue interviste e i tuoi reading, emergono una enorme energia e positività: dove si comprano?  ​​Io sono stata una donna fortunata: ho avuto genitori eccezionali, che mi hanno insegnato a vivere, a lottare per essere felici, a non tirarsi mai indietro. E poi, ho un carattere che mi ha aiutata: tenace e testardo. Sono una donna curiosa e la curiosità è una molla che ti spinge a vedere cosa accadrà domani…

 

  • Entriamo nel vivo del tema del libro. Anche leggendo alcuni commenti alle tue interviste di questi ultimi giorni sui social media, è evidente il persistere di una sorta di “resistenza” a considerare noi persone con disabilità anche come soggetti (e oggetti) di piacere sessuale. Come mai, secondo la tua esperienza, è così difficile sradicare il tabù che circonda la sessualità (e l’affettività) delle persone con disabilità, e in particolare (forse non a caso) delle donne? ​ Prima di tutto perché siamo in un paese cattolico in cui il sesso, tout court, è ancora considerato un “peccato”, qualcosa di cui non parlare se non sottovoce. Siamo culturalmente arretrati, pieni di paure per ciò che è “diverso”​. Il fatto di essere donna è consequenziale a questo discorso: le donne devono fare fatica doppia per dimostrare quanto valgono. Non solo in Italia, purtroppo.

 

  • Nel tuo libro, racconti anche l’imbarazzo di alcuni uomini nel rapportarsi con te “da quel punto di vista”: le domande al limite dell’assurdo (“Ma tu… lì…?”), la goffaggine nella gestione “fisica” della situazione, etc. Spesso, certe esperienze finiscono per scoraggiare dal tentare ulteriori approcci: come sei riuscita a superare questo blocco? Buttandomi nella mischia! Lottando contro la paura del rifiuto. Rischiando, che è l’unico modo per vivere: la paura è il nemico peggiore, io ero il mio peggior nemico. ​

 

  • Tempo fa, mi è capitato di leggere, sul web, il commento di un uomo (teoricamente “normodotato”) secondo il quale “andare con una disabile è sempre un reato, perché non può esservi consenso”. Posta l’assurdità dell’affermazione (salvo il caso di persone non in grado d’intendere e volere, ovvio), ho potuto sperimentare personalmente che alcuni, pur non arrivando a dirlo, lo pensano comunque: come far capire loro che così non è (senza scomodare un avvocato, magari)? Io non mi scomoderei a far capire nulla a persone che ragionano così. Vorrei non frequentarle e non le frequento.​
  • Cosa consiglieresti ad una “disabilitata” che non abbia a disposizione amici “volenterosi” per mettere alla prova la propria femminilità o superare un “blocco”? No, non posso dare consigli: ognuna di noi ha una sua strada. Se proprio devo dare un “consiglio”, è quello di arrischiarsi a percorrerla, quella strada, che di certo è davanti a tutti noi. Un “no” non uccide. E se ci si dà una chance, arrivano anche i sì.​
  • Racconti di aver utilizzato anche le chat, per conoscere uomini. Oggi esistono anche app di dating “per disabili” e siti d’incontri dedicati alle persone con disabilità (e agli “amatori del genere”). A me, lo confesso, sembrano dei ghetti un po’ tristi (per quanto ami il web, per “quello” preferisco sempre l’approccio “vecchia maniera”, faccia a faccia, nato magari per una fortunata coincidenza astrale). Tu cosa ne pensi? Io penso che sia un modo come un altro per conoscere le persone. Poi, è chiaro che deve esserci (se uno lo desidera, ma potrebbe anche non esserci) l’incontro “reale” e allora lì capisci se la persona ti interessa davvero. Ma non ho nessuna chiusura rispetto alla conoscenza prima virtuale, ripeto: è un modo come un altro. Può essere divertente e anche un buon modo per raccontarsi. Tanto, i cretini esistono ovunque, fuori e dentro il web.
  • Secondo te, una donna che diventa “disabilitata” nel corso della vita (durante l’adolescenza, come nel tuo caso, o dopo) ha comunque più chance di conservare la percezione della propria femminilità (e la capacità di mostrarla agli altri) rispetto ad una che lo è dalla nascita o giù di lì? ​Non lo so, non posso rispondere a questa domanda perché posso rispondere solo per me. Io, senza saperlo, l’ho conservata sempre.​
  • Il tema principale di “Move@bility” è l’accessibilità, in particolare intesa in senso fisico. Quanto influiscono le barriere architettoniche sulle possibilità di vivere ed esprimere la propria sessualità ed affettività? ​Tantissimo: quello della possibilità di muoversi senza problemi è uno dei nodi centrali sui quali lottare. L’Italia è una barriera totale. Per chi ha difficoltà di movimento, è un inferno. E questo costringe tante persone a restare prigioniere nelle proprie quattro mura: è come vivere agli arresti domiciliari da innocenti.
  • Chiudiamo con qualcosa di più “frivolo”: come si fa ad essere sexy anche su una sedia a rotelle o camminando con una stampella? Insomma, quando i tacchi alti non sono neanche lontanamente ipotizzabili? Io, personalmente, ho imparato a mettere in mostra ciò che di bello ritengo di avere. E poi, la sensualità nasce dalla testa: è lì che devi sentirti sexy.

Accessibilità: Kimap mappa anche Bologna

Abbiamo già parlato, qualche tempo fa, di Kimap, l’ecosistema digitale sviluppato da Kinoa srl  con l’obiettivo di mappare le barriere architettoniche presenti nelle città, con particolare attenzione all’accessibilità per le persone che hanno una disabilità motoria. Dopo quella di Firenze, è stata, ora, la volta di Bologna, dove la mappatura ha riguardato le strade che, dalla Stazione Centrale, vanno verso i principali monumenti e le zone centrali della città, con una puntata anche verso le strade dell’area universitaria. Nel complesso, è stata mappata l’accessibilità di circa 8 km di strade percorse quotidianamente da turisti e da cittadini.

Mappa dell'accessibilità di Bologna

La mappatura del centro di Bologna

I punti verdi indicano buona accessibilità della strada, quelli gialli indicano piccoli ostacoli e vibrazioni mediamente impattanti sul percorso, i punti rossi un segnale di primo pericolo registrato da vibrazioni molto accentuate della sedia a rotelle e da ostacoli o gradini difficili da superare. Infine, il segnale rosso con la carrozzina indica la presenza di barriere architettoniche, il segnale viola con il birillo la presenza di un ostacolo provvisorio, mentre il segnale arancione con la carrozzina segnala una pendenza difficile da percorrere.

Come sempre, è stato indispensabile il contributo dei Kimappers, la sempre più nutrita community di utenti e volontari che, quotidianamente, condividono percorsi, ostacoli, esperienza e itinerari turistici accessibili anche a chi, per spostarsi, è costretto ad usare una sedia a rotelle o altri ausili.

Kimap - app per smartphoneIl progetto Kimap non si ferma certo qui: i prossimi passi sono il rilascio dell’app gratuita nei principali store per i dispositivi mobili e il prosieguo dei test nelle più note città turistiche del nostro Paese. La prossima tappa è già fissata: sarà il turno di Roma, la nostra Capitale, che ogni anno attira milioni di turisti provenienti da tutto il mondo. Una sfida non da poco, date le peculiarità della meravigliosa (ma non certo super-accessibile) “città eterna”!

Ne parleremo senz’altro anche in questo spazio, naturalmente: stay tuned!

Kimap: la tecnologia a supporto dell’accessibilità

Sarebbe fantastico poter girare ovunque senza imbattersi in barriere architettoniche di alcun genere, vero? Purtroppo, questo è un sogno impossibile da realizzare in tempi brevi. Allora, che fare? Rassegnarsi allo status quo nell’attesa che un colpo di bacchetta magica elimini tutti gli ostacoli o fare qualcosa? Gli ideatori di Kimap hanno optato per la seconda opzione.

Kimap logo

Kimap - app per smartphoneMa che cos’è Kimap? È un vero e proprio ecosistema digitale “anti-barriere”, costituito da un’app per smartphone (che sarà presto disponibile per dispositivi Android e IOS) che aiuta a mappare le barriere architettoniche e funge da navigatore “barrier-free per consentire alle persone con disabilità di spostarsi agevolmente lungo i percorsi mappati, un dispositivo di IoT (Internet of Things) semplice da utilizzare, che migliora i risultati della mappatura, aggiornandoli costantemente, e una community di utenti in grado di confermare o aggiornare in tempo reale le informazioni ottenute attraverso la mappatura. A promuovere Kimap e realizzarlo è la start-up innovativa Kinoa, nata un anno fa con l’obiettivo di realizzare prodotti innovativi attraverso l’integrazione di Big Data e tecnologie di Internet of Things.

Nei giorni scorsi, a Firenze, gli ideatori di Kimap hanno organizzato la prima mappatura  della città in tempo reale, con la collaborazione del kimapper Armando Deiche ha percorso su sedia a rotelle alcuni punti della città particolarmente strategici sia per i turisti che per i cittadini che si spostano per lavoro, studio, etc. La mappatura ha riguardato: Stazione ferroviaria di Campo di Marte, Piazza Beccaria verso il centro storico e il mercato di Sant’Ambrogio; via Maragliano, piazza San Jacopino e Viale Redi, Ponte Vecchio, Piazza Pitti, Santo Spirito e Piazza del Carmine.

Kimap

Il kimapper Armando Dei

La mappatura effettuata ha permesso di ottenere in tempo reale varie mappe, salvate direttamente sullo smartphone del kimapper, che classificano le barriere architettoniche utilizzando tre colori: i punti verdi indicano una strada con buona accessibilità; quelli gialli, invece, indicano piccoli ostacoli e vibrazioni mediamente impattanti sul percorso; infine, i punti rossi indicano un segnale di primo pericolo registrato da vibrazioni molto accentuate della sedia a rotelle e da ostacoli o gradini difficili da superare. Inoltre, in nero sono contrassegnate le strade “non accessibili” perché non percorribili in sicurezza con la sedia a rotelle in quanto prive di marciapiedi e/o con asfalto fortemente sconnesso. Tramite l’app di Kimap, l’utente può anche segnalare ulteriori impedimenti temporanei al passaggio, cantieri e pendenze difficili da affrontare.

Kimap la mappa

La mappa della zona Campo di Marte

Il progetto Kimap è appena partito e il team è ancora al lavoro sia sull’app che sul perfezionamento del dispositivo. Dopo Firenze, saranno effettuate mappature in tempo reale anche in altre città, in collaborazione con associazioni, università e amministrazioni locali. Sarà un lavoro lungo e complesso, ma le premesse per ottenere dei buoni risultati ci sono tutte. In bocca al lupo, Kimap!

 

Agevolazioni fiscali per disabili: le novità 2017

L’Agenzia delle Entrate ha recentemente reso disponibile la versione aggiornata della propria Guida alle Agevolazioni Fiscali per le Persone con Disabilità (potete scaricarla gratuitamente in PDF qui). Tre le principali novità contenute nell’aggiornamento di gennaio 2017:

Vediamo, quindi, nel dettaglio le novità relative alle agevolazioni fiscali per le persone con disabilità per l’anno 2017.

agevolazioni fiscali 2017

agevolazioni fiscali: SPESE SANITARIE E PER GLI AUSILI

In questo caso, le novità relative alle agevolazioni fiscali per il 2017 riguardano la documentazione che è necessario esibire per goderne, sia che si tratti di deduzione che di detrazione.  Nello specifico, coloro la cui condizione di invalidità o handicap è stata accertata da una delle commissioni preposte (come previsto dalla legge 104/92) possono avvalersi di un’autocertificazione, che specifichi quale organo e in quale data abbia accertato l’invalidità o l’handicap. Naturalmente, è sempre possibile che venga richiesto, successivamente, di presentare la documentazione, quindi è vivamente sconsigliato “fare i furbi”!

Va sempre conservato il documento fiscale (scontrino, fattura o quietanza) che attesta la spesa sostenuta. Inoltre, in caso di protesi e ausili (inclusi quelli di tipo tecnologico) è sempre bene conservare la prescrizione medica che ne attesta la necessità per il miglioramento della qualità della vita della persona con disabilità.

AGEVOLAZIONI FISCALI: POLIZZE ASSICURATIVE

Un’altra novità  in materia di agevolazioni fiscali per le persone con disabilità riguarda le polizze assicurative che prevedano il rischio di morte o di invalidità permanente non inferiore al 5% o di non autosufficienza nel compiere i normali atti della vita quotidiana. Per queste polizze, era già prevista una detrazione Irpef del 19% per un importo rispettivamente di 530 € per le assicurazioni che prevedono rischio di morte o d’invalidità permanente, e 1.291,14 € per quelle che coprono il rischio di non autosufficienza. La novità riguarda l’elevamento da 530 a 750 € dell’importo detraibile per i premi versati a tutela di persone con disabilità grave, che coprono il rischio di morte.

AGEVOLAZIONI FISCALI: barriere architettoniche

Per quanto riguarda gli interventi atti a rimuovere le barriere architettoniche, sono stati prorogati i limiti per godere delle maggiori detrazioni. In particolare, per gli interventi di ristrutturazione edilizia sugli immobili (per esempio: ascensori, montacarichi, robotica/domotica e altre innovazioni tecnologiche che consentano di favorire la mobilità interna ed esterna delle persone con disabilità), è possibile fruire di una detrazione Irpef pari al:

  • 50%, da calcolare su un importo massimo di 96.000 €, se la spesa è sostenuta tra il 26 giugno 2012 e il 31 dicembre 2017;
  • 36%, da calcolare su un importo massimo di 48.000 €, per le spese effettuate dal 1° gennaio 2018

Rimangono invariate, al momento, le condizioni per godere di tutte le altre agevolazioni previste (per esempio, per l’acquisto dell’automobile).

No Barriere: l’app per segnalare le barriere architettoniche

È stata presentata nei giorni scorsi a Roma No Barriere, l’app ideata dall’Associazione Luca Coscioni per migliorare l’accessibilità degli spazi urbani, a beneficio dei cittadini disabili, certo, ma non solo loro.

Barriere app

Il funzionamento è semplice:

  1. Per prima cosa, bisogna scaricare sul proprio smartphone l’app (disponibile gratuitamente per IOS e Android) o utilizzarne la versione web e creare il proprio profilo utente inserendo nome, cognome, indirizzo e-mail e telefono, oppure utilizzando il proprio account Google o Facebook.
  2. Attivando i servizi di Posizione  ed utilizzando la fotocamera dello smartphone, si può scattare la foto di una barriera architettonica (o selezionarla dalla galleria foto del telefono) e,  tramite l’area Invia una segnalazione, la si invia al sistema, che la inserirà nella Mappa delle segnalazioniconsultabile dalla stessa app. Inoltre, dalla stessa area, si può inviare una e-mail pre-compilata all’amministrazione comunale, per sollecitarla a rimuovere la barriera.
  3. Nella Mappa delle segnalazioni, sono indicate con un simbolo rosso le barriere architettoniche ancora presenti nell’area d’interesse, in verde quelle già rimosse.

L’obiettivo dell’app non è semplicemente effettuare una mappatura di tutte le barriere architettoniche esistenti, ma anche, e soprattutto, far sì che le istituzioni locali si attivino per rimuoverle.

Anche se la normativa oggi vigente in materia di barriere architettoniche è datata 1986 e, sulla carta, tutte le amministrazioni locali hanno predisposto i cosiddetti PEBA (Piani per l’Eliminazione delle Barriere Architettoniche), è sotto gli occhi di tutti come, fin troppo spesso, l’accesso ad edifici pubblici e privati, ma anche a strade e spazi comuni, sia impossibile per chi ha una disabilità motoria o sensoriale. A causa dell’esistenza di barriere architettoniche o, in molti casi, dell’attuazione di misure non idonee a garantire l’accessibilità a tutti.

Perché, quando si pensa ai “disabili”, è diffusa la tendenza a pensare solo a persone che si muovono su una carrozzina. Quindi (in linea teorica), basterebbe posizionare uno scivolo qua e là per rimuovere gli ostacoli. Ma, per molti disabili, lo scivolo è esso stesso una barriera architettonica, soprattutto se ha una pendenza eccessiva o mancano corrimano (per chi si muove con stampelle o bastoni) e segnalazioni per non vedenti e non udenti.

Quindi, ben venga quest’app, se contribuirà effettivamente a migliorare la vita di tutta la comunità, con il contributo di tutti i cittadini. Perché una città senza barriere architettoniche è un posto più accessibile, e quindi migliore, per tutti.